21.12.09

La Notte più lunga dell'anno(solstizio)


Il 13 dicembre è la notte più lunga dell’anno. Questa affermazione, anche se scientificamente non precisa ha reso la notte di S. Lucia una delle notti più affascinanti.

L’origine di quanto sopra è da ricollegare a parecchi anni fa.

Fin dall'antichità il cambio di direzione che il sole compie tra il 21 e il 22 giugno, riprendendo la sua corsa sull'orizzonte, è stato salutato come l'inizio di un nuovo periodo di vita. Questo giorno, detto solstizio estivo, è ancora oggi ricordato e atteso, in quanto primo giorno d'estate.

Il sole, per l'uomo principale fonte di vita, muta il suo cammino sull'orizzonte e sembra fermarsi ("sosta" di qui "solstizio") per alcuni giorni in un punto preciso, sorgendo e tramontando sempre nella stessa posizione, finché, il 24 giugno (e il 25 dicembre) ricomincia a sorgere, giorno dopo giorno sempre più a sud sull'orizzonte (a giugno, e sempre più a nord a dicembre), determinando in maniera graduale l'allungarsi o l'accorciarsi delle giornate.

Fin dall'antichità gli uomini si erano resi conto di questi cambiamenti e avevano celebrato l'evento con diversi festeggiamenti. Gli antichi greci chiamavano il solstizio estivo "Porta degli uomini", poiché, nella loro mitologia, era il momento in cui le anime uscivano dalla caverna cosmica.

I solstizi erano anche festeggiati dalle grandi civiltà dell'America precolombiana, in Perù per esempio, il dio sole, Inti, che era anche l'Imperatore, riceveva grandi sacrifici di animali ed offerte naturali, in modo propiziatorio perché i raccolti estivi fossero abbondanti.

La religione Cristiana, conscia della portata di questi festeggiamenti, si preoccupò fin dai suoi inizi di acquisire le date dei festeggiamenti, sovrapponendoli con solenni celebrazioni. Per dare un'idea dell'importanza di queste feste basta considerare che il solstizio invernale è stato sostituito dal Natale! E che, secondo la tradizione sapienziale, Giovanni Battista sarebbe nato il 24 giugno, esattamente sei mesi prima di Cristo.

La notte più lunga dell'anno nel mondo

Nell’antico calendario riformato Da Giulio Cesare nel 46 a.C., e poi adottato dalla cristianità, il solstizio d’inverno coincideva con la data del 13 dicembre dal quale è giunto fino a noi l'antico detto "S. Lucia è il giorno più breve che ci sia", vale a dire che, in corrispondenza di questa festività, il 13 dicembre, avremmo la notte più lunga dell'anno. Ma in realtà le cose non stanno esattamente in questo modo e il giorno più breve (o la notte più lunga) coincide invece col solstizio d'inverno, che cade tra il 21 e il 22 dicembre in seguito al nuovo calendario modificato da Papa Gregorio XIII, che, nel 1582, intervenne togliendo dieci giorni (cioè proprio la sfasatura tra S. Lucia e il solstizio) facendo così in modo che l'inizio dell'inverno cadesse nuovamente intorno al 21/22 dicembre.

L'antico detto riferito al giorno di S. Lucia fu, evidentemente, concepito prima del 1582 e, col suo persistere, ci fornisce con evidenza e immediatezza la prova della tenacità degli usi e delle credenze popolari.

La Notte di S. Lucia a Belpasso

Al fascino della notte più lunga non poteva che aggiungersi il nome di colei il cui nome evoca luce. A motivo della presenza del buio per così lungo tempo, specialmente nei paesi nordici si perpetua da tantissimi anni la tradizione che vuole S. Lucia, la vergine siracusana, rappresentata da una fanciulla del luogo che indossa un abito bianco ed una corona di candele illuminate, girare per le case, apportando assieme alla luce anche i doni per i più piccini.

Quella di Belpasso, però è sicuramente una delle tradizioni più particolari ed uniche nel suo genere: conclusasi la serata dei “cantanti”, che ha caratterizzato la vigilia della festa di S. Lucia, mentre i carristi attraversano le fredde strade del paese, intenti a posare il loro carro nel luogo dove l’hanno costruito, sul “campanaro” (campanile) i matricioti iniziano a suonare il “campanone” che con il suo “assolo” accompagnerà la notte tra il 12 ed il 13 dicembre.

E’ una tradizione che si perde nei tempi: quando tanti anni fa non esistevano né strade, né segnaletiche e non c’era illuminazione nel sentiero che portava a Belpasso dai centri vicini, per i pellegrini che si apprestavano a giungere a piedi era veramente arduo affrontare la notte fredda di dicembre.

Forse per rispettare quanto vi è inciso sul lato a ponente (DEUM LADO FIDELIS VOCO DEMONES EX PELLO FAIMILIARUMO CONTRIBUENTIUM TANTO MMODO MORTEM. PLORO - Lodo Dio, chiamo i fedeli, scaccio i demoni, prego per i fedeli che hanno contribuito per la mia costruzione), era proprio il caldo suono del “campanone” a guidare i pellegrini dei paesi vicini, seguito dallo sparo di “colpi a cannone” provenienti da un quartiere periferico detto “Ascino” a motivo di una tipica pianta predominante in quella zona.

Ancora oggi questa tradizione è viva più che mai: All’ascino, al quale si sono aggiunti successivamente altri quartieri, la “Silva” ed il “Gattaino”, si riunisce il ceppo storico del quartiere “S. Antonio”. Attualmente nei locali del Sig. Sava detto “Piccicheddu”, una trentina di persone si alternano nel preparare tutto l’occorrente per poter trascorrere la notte: dalla griglia, al pane, alla salsiccia, alle olive “cunsate”. Hanno per tempo contattato il “bummaro” che, al rintocco del “campanone” sparerà due o tre “colpi a cannone”.

All’ ”Ascino”, come alla “Silva” ed al “Gattaino”, la notte di S. Lucia assume un fascino tutto particolare ma specialmente i più devoti trascorrono dei momenti indescrivibili: il calore e lo scintillio del fuoco riportano alla mente antichi ricordi, per un momento la mente si isola dal quotidiano e ci conduce al nostro passato e ci proietta al nostro futuro, per un momento ci ritorna in mente il dramma dei nostri “padri”, di coloro che ci hanno preceduto anche in questi momenti ma con l’animo pieno di gioia si attende con ansia il giorno che sta per arrivare. Si infatti domani è S. Lucia!

Anche sul campanile, l’atmosfera è simile, i matricioti sono anch’essi riuniti attorno ad un fuocherello, dove ognuno osserva e si prende cura del suo nodo di salsiccia posto sulla griglia. Ogni tanto viene la voglia di intonare un canto in onore a S. Lucia.

Mentre il devoto di turno, con una mano nella tasca per proteggerla dal freddo e l’altra nella corda legata al “battagghiu” (batacchio), si appresta ad effettuare il rintocco, gli altri gli stanno attorno osservandone il movimento: un tocco a destra, uno a sinistra ed uno a vuoto è il giusto tempo del caratteristico rintocco detto “’u chiamu”.

Sul campanile, essendo aperto da tutti i lati, a quella altezza, il freddo si fa sentire ancora più pungente e si capisce da dove soffia il vento. Questo è un elemento importante per intuire il tempo che farà domani: con gli occhi rivolti, spesso, al cielo si capisce che il vento soffia da ponente o da tramontana, quindi c’è speranza che la giornata del 13 sia buona. Un anno il vento soffiava invece da levante il che non faceva supporre niente di buono, quando soffia il vento di levante, se dovesse iniziare a piovere è difficile che smette entro breve tempo, pertanto, la lungimiranza, nonché la superstizione di qualcuno ci portò ad accompagnare l’”assolo” del campanone con il rintocco della “Campana da ‘Mmaculata”, posta proprio sul lato di levante. In questa campana infatti vi è incisa una scritta che dice, fra l’altro: ……… TEMPESTAS REPELLO ET ……... (…….., placo le tempeste, ecc …….) . In quell’anno comunque, campana o non campana, il vento di levante si placò per dare spazio a quello di tramontana.

La notte è trascorsa e le prime luci dell’alba rischiarano i tetti delle case di Belpasso, da sopra il campanile si può scorgere l’ingresso del paese da dove si intravedono i primi pellegrini che a piedi accedono dai paesi vicini.

E’ il giorno della grande festa di S. Lucia a Belpasso!

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